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uraniaexlibris's reviews
47 reviews
Harry Potter e la camera dei segreti by J.K. Rowling
adventurous
dark
emotional
funny
hopeful
mysterious
relaxing
tense
fast-paced
- Plot- or character-driven? A mix
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
5.0
Continua il mio viaggio nel mondo di Hogwarts e questa volta dritta dritta nella “tana del Basilisco”, o forse dovrei dire: nel gabinetto del Basilisco! Ricordo che questo fu il primissimo film di Harry Potter che vidi, l’avevano passato alla tele ancora quando ero più piccola e ricordo che la cosa che mi inquietò più di tutto fu Edvige (che problemi avessi, non lo so...). Naturalmente il film lo rividi più volte nel tempo e lo apprezzai sempre di più. Il libro l’ho apprezzato allo stesso modo, anche se dovendo scegliere, preferirei vedere di nuovo il film piuttosto che rileggere il libro. In primis perchè il film allega immagini e suoni che non possono essere suppliti dal libro per ovvie ragioni. E ancora una volta sono contenta di aver prima visto il film poichè durante la lettura sono riuscita ad abbinare le scene, le voci e i suoni. Questo è sempre stato uno dei miei capitoli della saga: per Aragog, per il Basilisco, per Fanny (nome che nella traduzione nuova è stato tragicamente convertito in Fawkes, ma per me Fanny resta) certo, ma anche per i temi affrontati che, come sempre, non sono mai banali.
A partire dall’amicizia certo, ma soprattutto: il problema della fama, meritata o immeritata. È pacifico che la “guest star” (e mi si consenta di usare un termine tecnico del cinema per un libro) del romanzo sia Gilderoy Allock. Un personaggio che fa a pugni con due persone dalla nomea grande seppur diversa: Piton e Harry. Piton infatti (che come si sa, ambisce al ruolo di professore di Difesa Contro le Arti Oscure) risulta essere l’emblema del professore per eccellenza. Silenzioso, modesto, di poche parole ma efficaci, insomma, non ha bisogno di apparire per essere, per farsi rispettare e nella scena del Club dei Duellanti lo dimostra ampiamente disarmando senza troppe scene l’incapace professor Allock. Se Piton dunque sbugiarda Allock nel ruolo di docente, Harry lo sbugiarda nella gestione della fama (peraltro, nel caso di Allock, immeritata). Non si tratta solo di modestia, ma anche di atteggiamento e diplomazia in certe situazioni. Se infatti Allock deve annunciare continuamente al mondo intero le sue prodezze per poi dimostrarsi continuamente non all’altezza delle situazioni, la vera grandezza di Harry sta nel tentare di passare inosservato e tirare fuori coraggio e capacità quando ce n’è bisogno. È come se Harry e Piton in questo libro avessero quasi messo da parte l’odio reciproco per fronteggiare un “nemico” comune, una sorta di intesa che si solleva nel momento in cui uno dei due ha a che fare con quel sedicente professore. Il fallimento di Allock dunque insegna che la fama che non poggia su basi concrete ha vita breve, ma in questo capitolo della saga viene anche affrontato un altro tema molto importante: quello della schiavitù. Non è un caso che l’altra “guest star” sia Dobby l’Elfo Domestico. Quella degli Elfi Domestici è un’intera specie soggiogata nel mondo dei maghi come servitù delle famiglie più ricche. Schiavismo, sfruttamento e una vita di stenti accompagnano queste piccole creature magiche che possono essere liberate solo se ricevono in dono dal padrone un vero indumento. Dobby rappresenta quella specie che ricorda bene quanto fosse peggiore la vita sotto il Signore Oscuro e che quindi deve un miglioramento di condizione e di vita ad un allegramente inconsapevole Harry (quando mai poi Harry è consapevole degli innumerevoli benefici che ha portato al mondo magico sconfiggendo il Signore Oscuro?!). Fortunatamente per Dobby la catena della schiavitù sta per spezzarsi e sarà solo l’inizio di un lungo processo che si concluderà, fortunatamente, con la piena abolizione della schiavitù della specie. Un segno, un simbolo di civiltà e compassione che dovrebbe essere un esempio e un monito, perchè in fondo che differenza c’è tra un “Mago” e un “Elfo”?
Terzo tema è quello del razzismo. L’eterna lotta tra i cosiddetti “maghi” e “streghe” purosangue contro i “maghi” e le “streghe” di sangue misto. E qui una diatriba purtroppo a noi del mondo reale già nota irrompe prepotentemente nella storia: Malfoy, portavoce ed emblema della stirpe di maghi purosangue, dimostra come in realtà non contano assolutamente nulla origini o nomi. Chi infatti trionfa in questo libro? Chi dimostra di avere capacità enormi nonostante, e sottolineo nonostante rivolgendomi a Malfoy, il sangue misto? Butto un paio di nomi a caso, Tom Riddle (che ironia, il Signore Oscuro tanto venerato dai Malfoy è egli per primo nato da padre Babbano), Harry (la cui madre, seppur Strega, è figlia di Babbani) ed Hermione Granger, nata anch’ella da genitori Babbani. Ultimo ma non ultimo è la lealtà. Lealtà che spinge un animale come Fanny ad intervenire per salvare Harry che nonostante il pericolo rimane saldo nei suoi principi. Spunti meravigliosi su cui riflettere, ma anche estremamente educativi oltre che ad essere esempi da seguire anche nella vita di tutti i giorni e da tramandare ai vostri figli. Non mi stupirei se un giorno questa saga venisse citata accanto alle “Fiabe” dei Fratelli Grimm, talmente è analoga al genere fiabesco e venisse letta dai genitori ai loro figli per farli crescere ed educarli consapevolmente alla vita. Ma forse questa realtà è giá in atto e va bene così. Tempi moderni richiedono fiabe moderne.
A partire dall’amicizia certo, ma soprattutto: il problema della fama, meritata o immeritata. È pacifico che la “guest star” (e mi si consenta di usare un termine tecnico del cinema per un libro) del romanzo sia Gilderoy Allock. Un personaggio che fa a pugni con due persone dalla nomea grande seppur diversa: Piton e Harry. Piton infatti (che come si sa, ambisce al ruolo di professore di Difesa Contro le Arti Oscure) risulta essere l’emblema del professore per eccellenza. Silenzioso, modesto, di poche parole ma efficaci, insomma, non ha bisogno di apparire per essere, per farsi rispettare e nella scena del Club dei Duellanti lo dimostra ampiamente disarmando senza troppe scene l’incapace professor Allock. Se Piton dunque sbugiarda Allock nel ruolo di docente, Harry lo sbugiarda nella gestione della fama (peraltro, nel caso di Allock, immeritata). Non si tratta solo di modestia, ma anche di atteggiamento e diplomazia in certe situazioni. Se infatti Allock deve annunciare continuamente al mondo intero le sue prodezze per poi dimostrarsi continuamente non all’altezza delle situazioni, la vera grandezza di Harry sta nel tentare di passare inosservato e tirare fuori coraggio e capacità quando ce n’è bisogno. È come se Harry e Piton in questo libro avessero quasi messo da parte l’odio reciproco per fronteggiare un “nemico” comune, una sorta di intesa che si solleva nel momento in cui uno dei due ha a che fare con quel sedicente professore. Il fallimento di Allock dunque insegna che la fama che non poggia su basi concrete ha vita breve, ma in questo capitolo della saga viene anche affrontato un altro tema molto importante: quello della schiavitù. Non è un caso che l’altra “guest star” sia Dobby l’Elfo Domestico. Quella degli Elfi Domestici è un’intera specie soggiogata nel mondo dei maghi come servitù delle famiglie più ricche. Schiavismo, sfruttamento e una vita di stenti accompagnano queste piccole creature magiche che possono essere liberate solo se ricevono in dono dal padrone un vero indumento. Dobby rappresenta quella specie che ricorda bene quanto fosse peggiore la vita sotto il Signore Oscuro e che quindi deve un miglioramento di condizione e di vita ad un allegramente inconsapevole Harry (quando mai poi Harry è consapevole degli innumerevoli benefici che ha portato al mondo magico sconfiggendo il Signore Oscuro?!). Fortunatamente per Dobby la catena della schiavitù sta per spezzarsi e sarà solo l’inizio di un lungo processo che si concluderà, fortunatamente, con la piena abolizione della schiavitù della specie. Un segno, un simbolo di civiltà e compassione che dovrebbe essere un esempio e un monito, perchè in fondo che differenza c’è tra un “Mago” e un “Elfo”?
Terzo tema è quello del razzismo. L’eterna lotta tra i cosiddetti “maghi” e “streghe” purosangue contro i “maghi” e le “streghe” di sangue misto. E qui una diatriba purtroppo a noi del mondo reale già nota irrompe prepotentemente nella storia: Malfoy, portavoce ed emblema della stirpe di maghi purosangue, dimostra come in realtà non contano assolutamente nulla origini o nomi. Chi infatti trionfa in questo libro? Chi dimostra di avere capacità enormi nonostante, e sottolineo nonostante rivolgendomi a Malfoy, il sangue misto? Butto un paio di nomi a caso, Tom Riddle (che ironia, il Signore Oscuro tanto venerato dai Malfoy è egli per primo nato da padre Babbano), Harry (la cui madre, seppur Strega, è figlia di Babbani) ed Hermione Granger, nata anch’ella da genitori Babbani. Ultimo ma non ultimo è la lealtà. Lealtà che spinge un animale come Fanny ad intervenire per salvare Harry che nonostante il pericolo rimane saldo nei suoi principi. Spunti meravigliosi su cui riflettere, ma anche estremamente educativi oltre che ad essere esempi da seguire anche nella vita di tutti i giorni e da tramandare ai vostri figli. Non mi stupirei se un giorno questa saga venisse citata accanto alle “Fiabe” dei Fratelli Grimm, talmente è analoga al genere fiabesco e venisse letta dai genitori ai loro figli per farli crescere ed educarli consapevolmente alla vita. Ma forse questa realtà è giá in atto e va bene così. Tempi moderni richiedono fiabe moderne.
Lessico famigliare by Natalia Ginzburg
medium-paced
1.0
Quando me lo diedero da leggere a scuola questo libro, non lo lessi. A pelle sentivo che non era un libro che mi sarebbe piaciuto. Oggi l'ho letto per la prima volta sotto obbligo esame universitario e avevo ragione: questo non è il libro per me.
Tanto per cominciare, è un'autobiografia e io le autobiografie non le amo particolarmente. In secondo luogo, non tratta nemmeno di imprese fuori dall'ordinario, o di eventi particolarmente fondamentali per la storia dell'umanità. Non c'è neanche un ritratto sociale e politico dell'epoca fascista in cui è ambientato. Questo libro tratta esclusivamente della dimensione privata di una famiglia piccolo borghese. Uguale a tante altre. Non eccezionale.
Si ripresenta la stessa sensazione dei libri di Annie Ernaux. Epoca troppo distante e a mio modo di vedere argomento troppo personale e troppo anonimo. Non riesco ad entrare nella storia né a empatizzare con i personaggi. Tra l'altro essendo un libro di memorie strettamente personale, viene tagliata fuori anche quell'analisi socio politica che poteva risultare interessante. Come ne "Il Partigiano Johnny" la parola, soprattutto il lessico acquisisce un'importanza rilevante.
Tanto per cominciare, è un'autobiografia e io le autobiografie non le amo particolarmente. In secondo luogo, non tratta nemmeno di imprese fuori dall'ordinario, o di eventi particolarmente fondamentali per la storia dell'umanità. Non c'è neanche un ritratto sociale e politico dell'epoca fascista in cui è ambientato. Questo libro tratta esclusivamente della dimensione privata di una famiglia piccolo borghese. Uguale a tante altre. Non eccezionale.
Si ripresenta la stessa sensazione dei libri di Annie Ernaux. Epoca troppo distante e a mio modo di vedere argomento troppo personale e troppo anonimo. Non riesco ad entrare nella storia né a empatizzare con i personaggi. Tra l'altro essendo un libro di memorie strettamente personale, viene tagliata fuori anche quell'analisi socio politica che poteva risultare interessante. Come ne "Il Partigiano Johnny" la parola, soprattutto il lessico acquisisce un'importanza rilevante.
Il partigiano Johnny by Beppe Fenoglio
emotional
informative
slow-paced
- Plot- or character-driven? Character
- Strong character development? No
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
2.0
Romanzo postumo e incompiuto di Beppe Fenoglio dalle vicissitudini editoriali a dir poco rocambolesche.
Nelle langhe dopo l'8 settembre del 1943 si prepara la Resistenza e Johnny, ragazzo piemontese (soprannominato così perché traduce i libri in inglese), torna a casa e rimane nascosto finché non si unisce a un gruppo di partigiani comunisti detti "i rossi". Successivamente se ne distaccherà per entrare nei badogliani. Da partigiano azzurro, partecipa a numerose imprese fino alla fine della guerra.
Una storia di Resistenza. Una chiara autobiografia. Infatti Johnny altri non è che l'alter ego dello stesso Fenoglio che grazie al personaggio ripercorre le sue memorie di combattente. Sebbene gli episodi narrati siano interessanti, il racconto non è sempre lineare e il mix tra italiano e inglese non rende le cose facili per la comprensione. La stessa cosa si potrebbe dire per "Anna Karenina" che ha alcuni pezzi di dialogo in francese, ma mentre nel capolavoro di Tolstoj il francese è relegato alle sequenze dialogiche, quindi il lettore ha tempo di prepararsi mentalmente allo switch linguistico, qui si tratta di espressioni in inglese che si mescolano nella frase italiana. Quindi magari si trova il verbo in inglese e tutto il resto della frase in italiano. E poi sarebbe la generazione Z a piazzare anglicismi a caso nella vulgata!
Bello se avessi capito qualcosa della trama.
Nelle langhe dopo l'8 settembre del 1943 si prepara la Resistenza e Johnny, ragazzo piemontese (soprannominato così perché traduce i libri in inglese), torna a casa e rimane nascosto finché non si unisce a un gruppo di partigiani comunisti detti "i rossi". Successivamente se ne distaccherà per entrare nei badogliani. Da partigiano azzurro, partecipa a numerose imprese fino alla fine della guerra.
Una storia di Resistenza. Una chiara autobiografia. Infatti Johnny altri non è che l'alter ego dello stesso Fenoglio che grazie al personaggio ripercorre le sue memorie di combattente. Sebbene gli episodi narrati siano interessanti, il racconto non è sempre lineare e il mix tra italiano e inglese non rende le cose facili per la comprensione. La stessa cosa si potrebbe dire per "Anna Karenina" che ha alcuni pezzi di dialogo in francese, ma mentre nel capolavoro di Tolstoj il francese è relegato alle sequenze dialogiche, quindi il lettore ha tempo di prepararsi mentalmente allo switch linguistico, qui si tratta di espressioni in inglese che si mescolano nella frase italiana. Quindi magari si trova il verbo in inglese e tutto il resto della frase in italiano. E poi sarebbe la generazione Z a piazzare anglicismi a caso nella vulgata!
Bello se avessi capito qualcosa della trama.
La sposa fantasma by Yangsze Choo
adventurous
dark
emotional
mysterious
tense
fast-paced
- Plot- or character-driven? Plot
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
5.0
Inizia come un romanzo storico, si sviluppa come un Bangsian Fantasy, sottogenere molto raro del Fantasy. Quindi una bellissima scoperta.
Siamo nella Malesia di fine Ottocento. Il popolo malese ha acquisito i costumi cinesi. Tra questi, anche il mínghūn, il rituale delle spose fantasma. Li Lan è stata individuata da una famiglia potente come sposa potenziale del loro primogenito scomparso prematuramente. La ragazza, appartenente a una famiglia nobile, ma decaduta, non vorrebbe accettare ed è ancor meno propensa quando il suo "promesso sposo" viene a tormentarla in sogno dove dal mondo degli spiriti, le promette potere, ricchezza e felicità.
Così Li Lan cade in una spirale di eterna indecisione e quando anche lei oltrepassa la soglia del regno dei vivi per entrare in quello dei morti, tutto cambia. Nuovi incontri, nuove rivelazioni che la metteranno alla prova. Riuscirà a trovare la felicità?
Del rituale mínghūn sapevo già qualcosa grazie a un episodio della serie "Bones" dove si indagava su alcune ossa rubate per celebrare questo rituale. Dopo la lettura di questo romanzo ho potuto conoscere un altro aspetto di questo mondo. Questa volta non erano due giovani scheletri che dovevano essere simbolicamente uniti in matrimonio dopo la morte per poter avere un coniuge nell'oltretomba, bensì una ragazza viva che avrebbe dovuto sposare un defunto affinché quest'ultimo potesse avere una moglie. Lei sarebbe vissuta da giovane vedova nella casa dei suoceri. Una prospettiva per noi agghiacciante, ma allora poteva essere un'ottima sistemazione per quelle donne non interessate ai figli e all'amore. C'è poi la questione dell'onore della famiglia, la preoccupazione per il futuro. Eppure questo non è un semplice romanzo rosa, è una storia di faide famigliari, tradimenti, ripicche, gelosie, omicidi.
Inoltre, l'ambientazione inusuale rinfresca un genere fermo praticamente a Dante Alighieri e al più tardi a Mark Twain. Non il più diffuso tra i sottogeneri dei fantasy, per questo motivo la lettura risulta ancora più interessante.
Siamo nella Malesia di fine Ottocento. Il popolo malese ha acquisito i costumi cinesi. Tra questi, anche il mínghūn, il rituale delle spose fantasma. Li Lan è stata individuata da una famiglia potente come sposa potenziale del loro primogenito scomparso prematuramente. La ragazza, appartenente a una famiglia nobile, ma decaduta, non vorrebbe accettare ed è ancor meno propensa quando il suo "promesso sposo" viene a tormentarla in sogno dove dal mondo degli spiriti, le promette potere, ricchezza e felicità.
Così Li Lan cade in una spirale di eterna indecisione e quando anche lei oltrepassa la soglia del regno dei vivi per entrare in quello dei morti, tutto cambia. Nuovi incontri, nuove rivelazioni che la metteranno alla prova. Riuscirà a trovare la felicità?
Del rituale mínghūn sapevo già qualcosa grazie a un episodio della serie "Bones" dove si indagava su alcune ossa rubate per celebrare questo rituale. Dopo la lettura di questo romanzo ho potuto conoscere un altro aspetto di questo mondo. Questa volta non erano due giovani scheletri che dovevano essere simbolicamente uniti in matrimonio dopo la morte per poter avere un coniuge nell'oltretomba, bensì una ragazza viva che avrebbe dovuto sposare un defunto affinché quest'ultimo potesse avere una moglie. Lei sarebbe vissuta da giovane vedova nella casa dei suoceri. Una prospettiva per noi agghiacciante, ma allora poteva essere un'ottima sistemazione per quelle donne non interessate ai figli e all'amore. C'è poi la questione dell'onore della famiglia, la preoccupazione per il futuro. Eppure questo non è un semplice romanzo rosa, è una storia di faide famigliari, tradimenti, ripicche, gelosie, omicidi.
Inoltre, l'ambientazione inusuale rinfresca un genere fermo praticamente a Dante Alighieri e al più tardi a Mark Twain. Non il più diffuso tra i sottogeneri dei fantasy, per questo motivo la lettura risulta ancora più interessante.
Il sergente nella neve: Ricordi della ritirata di Russia by Mario Rigoni Stern, Eraldo Affinati
adventurous
inspiring
reflective
sad
tense
medium-paced
- Plot- or character-driven? Plot
- Strong character development? No
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? N/A
- Flaws of characters a main focus? No
5.0
“No, Bepi,” dissi camminando lungo i reticolati,
“tra quindici giorni non finirà. Forse tra quindici mesi. Questi crucchi hanno la testa dura e non capiscono; dureranno fino alla fine di tutto. Non devi avere rimorsi per quello che hai intenzione di fare; non è tradimento; all’otto settembre il re è scappato e i generali hanno perso la testa. I traditi siamo stati noi. Il primo a sparare contro i tedeschi, ricordi, è stato il nostro cuciniere. E ci è rimasto. E queste reclute affamate e rimbambite, quando sarai fuori di qui, tienitele vicine, istruiscile ad arrangiarsi per vivere... un giorno o l’altro la finirà no?”
“La finirà sì, can de l’ostia di Hitler! E quando arriverò a Treviso voglio fare una bevuta da ubriacare il mondo”.
“Ritorno sul Don” p. 246.
•”Il Sergente nella Neve”: Inverno 1942. La guerra sta ormai per cedere il passo all’armistizio che verrà firmato l’8 settembre del 1943. Ma per gli italiani barricati in trincea in Russia, in mezzo alla neve, ai pidocchi, alle armi, la fine pare essere ancora tanto lontana. Le ultime rappresaglie, le ultime vittime (così tragicamente ironiche ad un soffio dalla fine) e poi l’ordine di ritirata. E così inizia la lunga marcia del ritorno verso casa dalla Russia all’Italia. A piedi. In mezzo alla neve. Il difficile in realtà comincia ora. Mario Rigoni Stern scrive questo romanzo breve in un lager tedesco nell’inverno del 1944. Una narrazione stanca, esausta, disposta ad attaccarsi a qualsiasi ricordo, anche il più banale, pur di mantenere la ragione. Una narrazione che consente al lettore di immergersi nella Russia degli anni ‘40 se pure sempre con uno stile delicato e mitigato. Dopo mesi di violenze, di battaglie, di sofferenze, Mario Rigoni Stern cerca disperatamente la pace, l’umanità. E così sulla strada del ritorno, i Russi, che erano fino a poco tempo fa i nemici giurati, diventano alleati, protettori, benefattori, amici, compagni. Personalmente non sono riuscita ad empatizzare con il narratore. L’ho letto come un resoconto di ricordi di guerra interessante e intenso.
•”Ritorno Sul Don”: Una raccolta di racconti che unisce il ritorno dalla Russia alla Resistenza, al ritrovo dei propri compagni, dispersi, persi di vista o sopravvisuti e soprattutto al ritorno in Russia. È un’edizione a ringkomposition. Significativamente si apre in Russia nel vivo della guerra e si chiude sempre là, in Russia, in un contesto di serenità, pace e amicizia tra popoli. Ritornare per riuscire a riappacificarsi con il passato, ritornare per riuscire a dare un senso a tutto, ritornare per affrontare i fantasmi del passato. Dove prima c’era desolazione, morte, proiettili, armi e distruzione, Mario Rigoni Stern vede pace, vita, rinascita e ammirazione, ammirazione nel sorriso di una donna russa che riconoscendolo come italiano si emoziona. Quest’ultimo mi ha coinvolta decisamente di più, sebbene io abbia mantenuto lo stesso distacco, alcuni ricordi hanno saputo emozionarmi.
“tra quindici giorni non finirà. Forse tra quindici mesi. Questi crucchi hanno la testa dura e non capiscono; dureranno fino alla fine di tutto. Non devi avere rimorsi per quello che hai intenzione di fare; non è tradimento; all’otto settembre il re è scappato e i generali hanno perso la testa. I traditi siamo stati noi. Il primo a sparare contro i tedeschi, ricordi, è stato il nostro cuciniere. E ci è rimasto. E queste reclute affamate e rimbambite, quando sarai fuori di qui, tienitele vicine, istruiscile ad arrangiarsi per vivere... un giorno o l’altro la finirà no?”
“La finirà sì, can de l’ostia di Hitler! E quando arriverò a Treviso voglio fare una bevuta da ubriacare il mondo”.
“Ritorno sul Don” p. 246.
•”Il Sergente nella Neve”: Inverno 1942. La guerra sta ormai per cedere il passo all’armistizio che verrà firmato l’8 settembre del 1943. Ma per gli italiani barricati in trincea in Russia, in mezzo alla neve, ai pidocchi, alle armi, la fine pare essere ancora tanto lontana. Le ultime rappresaglie, le ultime vittime (così tragicamente ironiche ad un soffio dalla fine) e poi l’ordine di ritirata. E così inizia la lunga marcia del ritorno verso casa dalla Russia all’Italia. A piedi. In mezzo alla neve. Il difficile in realtà comincia ora. Mario Rigoni Stern scrive questo romanzo breve in un lager tedesco nell’inverno del 1944. Una narrazione stanca, esausta, disposta ad attaccarsi a qualsiasi ricordo, anche il più banale, pur di mantenere la ragione. Una narrazione che consente al lettore di immergersi nella Russia degli anni ‘40 se pure sempre con uno stile delicato e mitigato. Dopo mesi di violenze, di battaglie, di sofferenze, Mario Rigoni Stern cerca disperatamente la pace, l’umanità. E così sulla strada del ritorno, i Russi, che erano fino a poco tempo fa i nemici giurati, diventano alleati, protettori, benefattori, amici, compagni. Personalmente non sono riuscita ad empatizzare con il narratore. L’ho letto come un resoconto di ricordi di guerra interessante e intenso.
•”Ritorno Sul Don”: Una raccolta di racconti che unisce il ritorno dalla Russia alla Resistenza, al ritrovo dei propri compagni, dispersi, persi di vista o sopravvisuti e soprattutto al ritorno in Russia. È un’edizione a ringkomposition. Significativamente si apre in Russia nel vivo della guerra e si chiude sempre là, in Russia, in un contesto di serenità, pace e amicizia tra popoli. Ritornare per riuscire a riappacificarsi con il passato, ritornare per riuscire a dare un senso a tutto, ritornare per affrontare i fantasmi del passato. Dove prima c’era desolazione, morte, proiettili, armi e distruzione, Mario Rigoni Stern vede pace, vita, rinascita e ammirazione, ammirazione nel sorriso di una donna russa che riconoscendolo come italiano si emoziona. Quest’ultimo mi ha coinvolta decisamente di più, sebbene io abbia mantenuto lo stesso distacco, alcuni ricordi hanno saputo emozionarmi.
Conclave by Robert Harris
adventurous
dark
emotional
informative
inspiring
lighthearted
mysterious
reflective
tense
fast-paced
- Plot- or character-driven? Plot
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
5.0
Non ho capito perché "Jacopo Lomeli" cardinale italiano nel film sia diventato magicamente americano e si chiami Thomas Lawrence, ma va bene.
Ci meritavamo un'opera senza filtri, ma equa sull'evento di caratura mondiale più misterioso: il conclave. Abbiamo quattro contendenti per il trono vacante di San Pietro. Il cardinal Goffredo Tedesco, reazionario e conservatore, il cardinal Aldo Bellini un liberale dalle idee progressiste, il cardinale Joshua Adeyemi, leggermente meno conservatore di Tedesco e infine, il cardinale Joseph Tremblay, tradizionalista. Il peso di condurre un evento di tale portata ricade sul decano, Jacopo Lomeli, fervente sostenitore dell'amico e collega Bellini e alle prese con una crisi di fede. A Roma c'è un detto: "Chi entra papa in conclave, ne esce cardinale".
Ma prima che si chiudano le porte della Casa Santa Marta, un nuovo cardinale chiede di essere ammesso al collegio: si tratta di Vincent Benitez, di origini filippine e arcivescovo di Kabul. Non mancano i sospetti sia sul nuovo arrivato, sia sugli altri cardinali, soprattutto su quelli che più fanno mostra di volere essere eletti. Ma ognuno di loro ha già segretamente scelto il nome con il quale essere eletto e dopo le prime votazioni è chiaro che ognuno di loro nutre delle speranze. Chi sarà il prossimo pontefice? Non resta che aspettare la fumata bianca.
Ci meritavamo un'opera senza filtri, ma equa sull'evento di caratura mondiale più misterioso: il conclave. Abbiamo quattro contendenti per il trono vacante di San Pietro. Il cardinal Goffredo Tedesco, reazionario e conservatore, il cardinal Aldo Bellini un liberale dalle idee progressiste, il cardinale Joshua Adeyemi, leggermente meno conservatore di Tedesco e infine, il cardinale Joseph Tremblay, tradizionalista. Il peso di condurre un evento di tale portata ricade sul decano, Jacopo Lomeli, fervente sostenitore dell'amico e collega Bellini e alle prese con una crisi di fede. A Roma c'è un detto: "Chi entra papa in conclave, ne esce cardinale".
Ma prima che si chiudano le porte della Casa Santa Marta, un nuovo cardinale chiede di essere ammesso al collegio: si tratta di Vincent Benitez, di origini filippine e arcivescovo di Kabul. Non mancano i sospetti sia sul nuovo arrivato, sia sugli altri cardinali, soprattutto su quelli che più fanno mostra di volere essere eletti. Ma ognuno di loro ha già segretamente scelto il nome con il quale essere eletto e dopo le prime votazioni è chiaro che ognuno di loro nutre delle speranze. Chi sarà il prossimo pontefice? Non resta che aspettare la fumata bianca.
Le madri di vento e di sale by Lisa See
adventurous
emotional
informative
sad
tense
fast-paced
- Plot- or character-driven? A mix
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? Yes
5.0
Sull'isola di Jeju, sono le donne a sostenere la società. Sono le haenyeo, pescatrici. Vengono addestrate fin da piccolissime nelle immersioni: trattenere il fiato sott'acqua, usare gli strumenti. Young-sook, figlia di un'haenyeo, si allena con la sua migliore amica, Mi-ja, orfana allevata nella sua casa.
La madre di Young-sook è tenuta in grande considerazione tra le haenyeo e la figlia spera un giorno di diventare brava come lei.
Il mare dà, ma toglie anche. Inizia così una serie di lutti per il gruppo delle haenyeo: prima Yu-ri, la figlia di Do-saeng che rimane gravemente menomata, poi la madre di Young-sook che annega tragicamente. In quanto figlia maggiore, il peso della famiglia grava sulla primogenita. Interviene poi la guerra che porta agitazioni e ulteriori dolori nella piccola isola. L'invasione dei soldati giapponesi prima e dei soldati americani poi. L'isola di Jeju si rivela essere una base strategica importantissima. Intanto, Young-sook e Mi-ja crescono. Vengono date in sposa e hanno dei figli. Le loro strade si separano. I problemi della vita le metteranno a dura prova e il loro legame sembrerà essere ormai disciolto irrimediabilmente. O forse no?
Questo è un romanzo insolito. Parla di una società completamente matriarcale e una realtà del tutto diversa. Ha una giusta introspezione. Benché il lettore abbia solo il punto di vista di Young-sook riesce comunque ad avere una visione completa di tutta la trama anche grazie all'alternanza temporale. I capitoli infatti si alternano tra il 2008 e gli anni dal 1938 al 1970. Di solito non amo questi salti temporali tra passato e "presente", ma in questo caso l'ho apprezzato per via di alcune rivelazioni che potevano essere scoperte solo andando avanti nel tempo. Se continuo con queste letture fantastiche di questo passo sarà arduo stilare i top dell'anno!
La madre di Young-sook è tenuta in grande considerazione tra le haenyeo e la figlia spera un giorno di diventare brava come lei.
Il mare dà, ma toglie anche. Inizia così una serie di lutti per il gruppo delle haenyeo: prima Yu-ri, la figlia di Do-saeng che rimane gravemente menomata, poi la madre di Young-sook che annega tragicamente. In quanto figlia maggiore, il peso della famiglia grava sulla primogenita. Interviene poi la guerra che porta agitazioni e ulteriori dolori nella piccola isola. L'invasione dei soldati giapponesi prima e dei soldati americani poi. L'isola di Jeju si rivela essere una base strategica importantissima. Intanto, Young-sook e Mi-ja crescono. Vengono date in sposa e hanno dei figli. Le loro strade si separano. I problemi della vita le metteranno a dura prova e il loro legame sembrerà essere ormai disciolto irrimediabilmente. O forse no?
Questo è un romanzo insolito. Parla di una società completamente matriarcale e una realtà del tutto diversa. Ha una giusta introspezione. Benché il lettore abbia solo il punto di vista di Young-sook riesce comunque ad avere una visione completa di tutta la trama anche grazie all'alternanza temporale. I capitoli infatti si alternano tra il 2008 e gli anni dal 1938 al 1970. Di solito non amo questi salti temporali tra passato e "presente", ma in questo caso l'ho apprezzato per via di alcune rivelazioni che potevano essere scoperte solo andando avanti nel tempo. Se continuo con queste letture fantastiche di questo passo sarà arduo stilare i top dell'anno!
Il famiglio by Leigh Bardugo
adventurous
dark
emotional
mysterious
tense
medium-paced
- Plot- or character-driven? Plot
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? It's complicated
- Flaws of characters a main focus? Yes
5.0
Un fantasy storico ambientato in Spagna ai tempi dell'Inquisizione.
Luzia Cotado è una ragazza che serve in casa di due nobili decaduti senza figli con un dono straordinario: sa compiere magie. Magie che lei chiama "milagritos", "piccoli miracoli" per timore di attirare l'attenzione dell'Inquisizione. La zia Hualit per di più le nasconde le sue origini ebraiche per proteggerla. Un giorno, la signora scopre le sue abilità e la esibisce a un pranzo con ospiti importanti. Questo attira l'attenzione di un uomo potente che un giorno si presenta per proporre a Luzia di partecipare a un torneo dove altri potenziali veggenti, capaci come lei di compiere "milagritos" per conquistare il favore del re. Per Luzia è un'opportunità di cambiare vita ed elevarsi socialmente. Al seguito di Pérez, nuovo protettore di Luzia, appare Guillén Santángel che verrà incaricato di istruirla e aiutarla nel torneo. Anche lui nasconde un segreto che potrebbe metterla in pericolo. Più di quanto già non sia. E per i due inizia una lotta contro il tempo per salvarsi la reputazione. O la pelle. Riusciranno i milagritos di Luzia a trarli in salvo?
Un romanzo dalle vibes di Hunger Games, ma con tanta magia e tanta storia. Una vicenda che vi terrà incollati fino all'ultima pagina.
Luzia Cotado è una ragazza che serve in casa di due nobili decaduti senza figli con un dono straordinario: sa compiere magie. Magie che lei chiama "milagritos", "piccoli miracoli" per timore di attirare l'attenzione dell'Inquisizione. La zia Hualit per di più le nasconde le sue origini ebraiche per proteggerla. Un giorno, la signora scopre le sue abilità e la esibisce a un pranzo con ospiti importanti. Questo attira l'attenzione di un uomo potente che un giorno si presenta per proporre a Luzia di partecipare a un torneo dove altri potenziali veggenti, capaci come lei di compiere "milagritos" per conquistare il favore del re. Per Luzia è un'opportunità di cambiare vita ed elevarsi socialmente. Al seguito di Pérez, nuovo protettore di Luzia, appare Guillén Santángel che verrà incaricato di istruirla e aiutarla nel torneo. Anche lui nasconde un segreto che potrebbe metterla in pericolo. Più di quanto già non sia. E per i due inizia una lotta contro il tempo per salvarsi la reputazione. O la pelle. Riusciranno i milagritos di Luzia a trarli in salvo?
Un romanzo dalle vibes di Hunger Games, ma con tanta magia e tanta storia. Una vicenda che vi terrà incollati fino all'ultima pagina.
Harry Potter e la pietra filosofale by J.K. Rowling
adventurous
emotional
hopeful
inspiring
mysterious
relaxing
fast-paced
- Plot- or character-driven? Character
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? N/A
5.0
Iniziare una storia, iniziare una nuova epoca, iniziare un genere al numero 4 di Privet Drive. Così è cominciato il mio viaggio nel genere Fantasy e non sarebbe potuto andare diversamente. Non solo mi ha convinta, non sarebbe un classico altrimenti, ma mi ha fatto scoprire un nuovo genere letterario, un genere che fuori dall’Italia assieme alla Fantascienza mantiene praticamente in vita l’intero mercato editoriale nei paesi anglosassoni. In effetti non è un caso se gli autori pilastri del genere sono originari dell’Inghilterra. Tolkien e Rowling, un bel match davvero, anche se per quanto riguarda il primo il momento non è ancora giunto. Mi si potrebbe accusare di essere un po’ cresciutella per una saga Fantasy, ma io sono una Corvonero e non do peso alle opinioni altrui (sì ho fatto il test ancora prima di leggere la saga sono strana!). A questo punto mi pare superfluo riassumere la trama, sicuramente ci sarà chi ha già visto abbondantemente i film, chi l’ha già letto e dunque non cerca una sinossi rimaneggiata ma un’opinione e chi non l’ha letto e non vuole spoiler. In ogni caso la saga è talmente nota che anche andando a chiedere alla tribù dislocata nell’angolo più remoto della terra, sicuramente anche questa avrà sentito parlare almeno una volta di Harry Potter. Piuttosto mi chiederò: perchè leggere Harry Potter anche se si ha superato una certa età? Contro domanda: voi avete smesso di rileggere le fiabe dei Fratelli Grimm, i miti, i poemi epici? No vero? Beh il Fantasy non attinge a nulla di diverso dai sopra citati anzi è figlio diretto delle fiabe, dei miti, delle leggende, del folklore, dell’epica, se non addirittura la punta di diamante di essi, l’apice e il raggiungimento del loro sviluppo più completo e no, non c’è nessuna differenza tra le sirene di Odisseo e i centauri della Foresta e chi afferma la superiorità dei primi sul secondo o è un Babbano o non conosce le linee evolutive della storia della letteratura. In ogni leggenda, in ogni mito, in ogni elemento di folklore, in ogni poema c’è sempre un fondo di verità e c’è sempre un insegnamento di fondo. La figura di Dracula è basata su un personaggio storico ad esempio, la Fenice prende spunto dall’ibis, dal pavone, dal fagiano dorato etc, Cappuccetto Rosso insegna l’obbedienza e il non dar retta agli estranei. Ed Harry Potter? Nel caso specifico del primo libro insegna il valore dell’amicizia, il fatto che le apparenze ingannino, che a volte per ottenere delle risposte bisogna osare e rischiare in prima persona. Che anche se si vive in un mondo semplice come quello magico, esistono delle norme, dei freni, delle regole, perchè il fatto di poter usare la scorciatoia di poter risolvere le cose in modo semplice e sbrigativo (con un solo colpo di bacchetta) non implica necessariamente la giustizia, l’eticamente corretto. Il fatto che io possa scagliare una fattura non significa che essa sia la cosa giusta da fare ed è affascinante constatare che, anche in un mondo in cui tutto è possibile, si ritrovano le stesse norme che regolano la nostra vita, gli stessi dubbi, gli stessi problemi. Detto questo: McGonagall e Tassofrasso non si possono proprio sentire!
Mexican Gothic by Silvia Moreno-Garcia
adventurous
dark
emotional
inspiring
lighthearted
mysterious
tense
medium-paced
- Plot- or character-driven? Plot
- Strong character development? Yes
- Loveable characters? Yes
- Diverse cast of characters? Yes
- Flaws of characters a main focus? No
5.0
Una lettera. Un'apparente richiesta d'aiuto e una promessa. Così Noemí si vede costretta a partire verso la dimora della cugina, neo sposa di un nobilotto inglese. Una casa vecchio stile cui manca perfino l'elettricità. Cupa. Gotica. Appena uscita da un romanzo di Lewis. La tentazione di tornare indietro è tanta, ma Noemí deve resistere. Per sua cugina.
Ed ecco che si vede presto risucchiata in un vortice orribile tra sonno e veglia, tra realtà e illusione. Tra vita e morte. Perchè High Place è una dimora vivente. Alimentata continuamente dal fuoco della leggenda e dal potere della suggestione.
Riuscirà Noemí a salvare la sua famiglia e salvare anche se stessa?
Nell'opera di Moreno-Garcia rivive l'atmosfera del capolavoro di Shirley Jackson ("Abbiamo Sempre Vissuto nel Castello") con un tocco macabro in più. Dimenticate le atmosfere allegre e festose de "el día de los muertos" e preparatevi ad immergervi in luoghi oscuri e maledetti. Come la tradizione occidentale impone.
Ed ecco che si vede presto risucchiata in un vortice orribile tra sonno e veglia, tra realtà e illusione. Tra vita e morte. Perchè High Place è una dimora vivente. Alimentata continuamente dal fuoco della leggenda e dal potere della suggestione.
Riuscirà Noemí a salvare la sua famiglia e salvare anche se stessa?
Nell'opera di Moreno-Garcia rivive l'atmosfera del capolavoro di Shirley Jackson ("Abbiamo Sempre Vissuto nel Castello") con un tocco macabro in più. Dimenticate le atmosfere allegre e festose de "el día de los muertos" e preparatevi ad immergervi in luoghi oscuri e maledetti. Come la tradizione occidentale impone.